Yates, Mas e Lopez, la Vuelta sorride ai giovani
Dall'attuale leader, il ventiseienne britannico Simon Yates, allo stesso Mas, 23 anni compiuti a gennaio. Per concludere con il colombiano Miguel Angel Lopez, di un anno più grande. Tre corridori che in questa sequenza vanno ad occupare i tre gradini del podio. Un podio che questa tappa ha inteso ribaltare. In considerazione che fino a ieri, anche se i favori del pronostico facessero propendere verso il corridore della Mitchelton-Scott, sembrava che quanto a vittoria finale fosse una partita a due tra Simon Yates e Alejandro Valverde.
Una frazione breve di appena 97,300 chilometri, quella partita nel primo pomeriggio da Escaldes-Engordany. Una distanza che si è poi dimostrata inversamente proporzionale all’agonismo che i corridori hanno saputo regalare. Anche soprattutto, agli sconvolgimenti che si sono susseguiti in classifica generale. Incidendo, nel determinare ritardi, più di tante tappe di montagna messe insieme.
Una Vuelta che dopo la monotonia del Tour, ha dimostrato come, perseguendo sulla propria strada di proporre in un modo o in un altro arrivi interessanti, ha saputo offrire sempre agonismo. Talvolta mescolato anche a tattiche attendiste da parte dei big designati, ma senza scivolare mai nella più assoluta monotonia. Così come invece capita sempre più spesso alla Grande Boucle.
Tutto questo grazie anche a colui che sembra destinato ad assumere meritatamente il ruolo di vincitore di questa edizione. Adam Yates, pur adottando una tattica più guardinga rispetto a quella spettacolare esibita a primavera sulle strade del Giro d’Italia, non si è mai tirato indietro nell’assumersi le proprie responsabilità. Ha indossato la maglia gialla nella 9a tappa, lasciandola soltanto per due giorni sulle spalle dello spagnolo Jesús Herrada. Per riprenderla poi esattamente una settimana fa, dopo aver trionfato sul traguardo di Nava.
Con il passare dei giorni il britannico, consapevole delle proprie possibilità, è andato sempre più assumendo il ruolo di leader. Controllando con la massima calma gli attacchi che un po’ tutti gli avversari, ma soprattutto gli uomini Movistar, hanno cercato di portargli contro, e rispondendo a tali attacchi con il piglio e il temperamento tipici del leader. La stessa operazione che ha lanciato nella frazione odierna a più di 17 chilometri dal traguardo, quando da solo è rientrato sul gruppetto dei tre battistrada composto da Lopez, Quintana e Mass. Per poi, subito dopo aver intrapreso la salita che conduceva al traguardo, decidere di staccarsi dai due compagni di fuga (nel frattempo Quintana aveva desistito, con l’intento di assecondare il capitano Valverde nel tentativo di rientro). Scegliendo di tirarsi fuori dalla lotta per il successo parziale, appagato del fatto che le evoluzioni della corsa gli stavano ormai garantendo il successo finale alla Vuelta. Per lui, il primo successo in una grande gara a tappe. Un profumo che gli era parso di annusare lo scorso maggio, al termine della crono Trento-Bolzano. Quando tutti gli avversari che fino ad allora aveva staccato negli arrivi in salita, era riuscito a controllare nella disciplina a lui meno simpatica. Passaporto britannico e temperamento latino, si disse allora.
Sono passati pochi mesi. Simon Yates si appresta a conquistare la terza grande gara a tappe, completando, dopo Froome al Giro e Thomas al Tour, un eccezionale filotto che vede sempre la bandiera dell’Union Jack sventolare sul gradino più alto del podio. Per lo spettacolo che ha saputo regalare a questa Vuelta, sarà opportuno adesso rivedere alcune analisi. Sintetizzandole, nei confronti di questo corridore, come espressione dell’ottimizzazione di un mix vincente: pragmatismo britannico, abbinato alla generosità latina.
Roberto Sardelli